“Se non avessi più te”: solo su Amazon!

Disponibile su Amazon in ebook e cartaceo il primo romanzo "self" del duo scrittorio!

 

❤🎵Quando la nostalgia si fa canzone, quella canzone diventa una porta. Dopo una vita di rimpianti, Vittoria ha deciso di cambiare. E non saranno i capelli bianchi a fermarla.

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Di seguito tre estratti del romanzo.

Estratto: “Quella radio era l’unica battaglia che avesse vinto”

Con gli occhi umidi di pianto, Vittoria fissava l’alone di grasso rossiccio che il sugo aveva lasciato sull’acciaio immacolato del lavello. Si chinò per prendere lo sgrassatore, ma un’improvvisa fitta lombare e la consapevolezza che anche quel gesto sarebbe stato il pretesto per l’ennesimo conato di rancore da parte di sua figlia, le diedero la spinta a desistere. Lasciò tutto com’era per andare a cercare conforto dalla sola amica nelle  lunghe giornate di solitudine: una vecchia Radiomarelli. Era stato suo marito, Mario, a regalargliela il giorno che aveva compiuto trent’anni. Da quell’altoparlante dietro la griglia di plastica un tempo dorata aveva ascoltato la musica dell’Italia che cambiava. Si era affezionata al guscio di bachelite, alle manopole stinte dall’usura, alla difficoltà di individuare le frequenze con la sola guida di un ago cursore rosso. Quella radio era l’unica battaglia che avesse vinto tra le tante combattute con Lidia, il riconoscimento del suo diritto di cittadinanza in quella casa. Sua figlia aveva tentato più volte di convincerla a disfarsi del residuato bellico in favore di un apparecchio digitale che si intonasse all’arredamento ipertecnologico della cucina. Ma non l’aveva spuntata. La Radiomarelli era rimasta al suo posto. Il cursore fisso sull’unica stazione che trasmetteva canzoni delle quali fosse in grado di capire il testo e che ogni tanto le regalava il brivido di un ricordo. Come accadde in quel momento quando la voce potente del ragazzo di Monghidoro riempì il silenzio sulle note di Se non avessi più te, meglio morire…
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Estratto: “Era vestita esattamente come il giorno che gli aveva detto addio”

Il tailleur, sotto il paletot color pervinca, era il suo preferito. Quello in lana spigata color panna, dal giacchino a sacchetto sulla gonna stretta al ginocchio. Era vestita esattamente come il giorno del suo ultimo appuntamento con Alberto. Il giorno che gli aveva detto addio. Nello specchio i suoi occhi, intonati al paletot, videro il volto di una bella donna di trent’anni, truccata con l’eye-liner e il rossetto opaco, con i capelli biondi acconciati a banana a mettere in risalto gli orecchini di madreperla, l’unico regalo che avesse accettato dal suo unico e vero amore.
A Vittoria mancò l’aria e dovette appoggiarsi al bancone.
“Signora Arduini, si sente male?”, chiese sollecita Lia abbandonando la cassa per sorreggerla.
Alfredo uscì da dietro il bancone e le offrì una sedia e un cordiale. Il solo odore del liquore le diede la nausea. Rifiutò con garbo.
“È passato”, riuscì a dire. “Deve essere stato il freddo.”
“Sicura?”
Il sorrisetto malizioso che accompagnò il ritorno di Alfredo al suo posto fu illuminante e rischiò di darle il colpo di grazia.
“Beh, che ci sarebbe di male?”, la difese Lia. “Ormai i primi due sono grandicelli…”
La voce le giungeva come da un mondo lontano. E in fondo quello era un mondo lontano, un mondo che apparteneva al passato. Non riusciva a capire come potesse essere accaduto. Forse era morta nella sua cucina e ciò che stava vivendo poteva essere il suo personale purgatorio. Oppure era scivolata, sull’onda della voce di Gianni Morandi, in uno di quei mondi paralleli di cui aveva sentito parlare a Voyager.
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Estratto: “Anche la realtà può avere un lieto fine”

Le luci dell’intervallo si accesero insieme alla brace delle loro sigarette. Vittoria aveva fumato da ragazza, per lo più di nascosto. Dopo il matrimonio Mario le aveva chiesto di smettere e lei lo aveva assecondato nel ritenere quel vizio poco femminile. Con Alberto si sentiva libera di trasgredire e di godersi l’aroma della candida Muratti che Alberto le aveva acceso con un Ronson cromato.
“…che sciocchezza.”
Le parole di lui la distolsero dall’osservazione del fumo che si srotolava verso l’alto soffitto.
“Cosa?”
“Il film intendo. Sappiamo bene come andrà a finire.”
“Forse siamo qui per questo, perché i film d’amore finiscono sempre bene.”
“Anche la realtà può avere un lieto fine.”
“Davvero? Nessuno ti spiega mai cosa succede dopo il bacio appassionato e il viva gli sposi quando la quotidianità spegne la passione.”
Alberto la costrinse a voltare il viso dalla sua parte.
“Non deve essere sempre così”, obiettò.
Un lampo di tristezza attraversò gli occhi color pervinca. Se c’era una cosa che Vittoria aveva ben chiara in mente era l’usura che la vita imprimeva sugli esseri umani e sui loro sentimenti. Il tempo stendeva una patina di ruggine su ciò che si era stati, su ciò che si sarebbe voluto essere, su ciò che si credeva di aver provato. Forse quella che stava vivendo non era una seconda occasione, ma solo la dimostrazione che aveva custodito un rimpianto inutile. Guardò Alberto come se lo vedesse per la prima volta, sperando di trovarlo meno bello, meno perfetto, meno desiderabile di quanto i suoi ricordi lo avessero conservato.
“Io ti amerò come ti amo oggi perché mi sei necessaria come l’aria che respiro”, lo sentì sussurrarle contro l’orecchio.
Sorrise.
“È bello sentirtelo dire anche se non è vero. Il tempo guarisce tutto e nessuno di noi è veramente necessario agli altri… io lo so.”
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Le autrici

Due quattordicenni. Laura con una massa di capelli scuri e ricci e un gran paio di occhiali.
Lory con una cascata di riccioli biondo-rossicci e un inseparabile maglione fino al ginocchio.
Era il 1977. Un’amicizia da colpo di fulmine, suggellata e sigillata dalla comune passione per la scrittura.
Scrivono insieme dai tempi del liceo (classico) e non hanno mai smesso. Non si dividono personaggi e capitoli. Scrivono insieme nel vero senso della parola, incontrandosi una volta a settimana, tutte le settimane, cascasse il mondo, e mettendosi davanti a una tastiera nella cucina di Lory. Narra la leggenda che sfiorino la telepatia e che alle volte si spaventino, loro per prime, della sintonia raggiunta.
Laureate entrambe in Lettere, indirizzo storia moderna e contemporanea, hanno dato ai loro romanzi due caratteristiche fondamentali: documentazione accurata e protagoniste femminili.
Hanno pubblicato con Harper Collins, Las Vegas Edizioni, GoWare. “Se non avessi più te” è il loro ultimo romanzo.
Vittoria Arduini ha vissuto una vita intera cullandosi il rimpianto per la più difficile delle scelte. Ma la musica che ama, le vecchie canzoni italiane che ascolta tutti i giorni dall’altoparlante quasi esausto di una radio, ha un potere che nessuno può immaginare. E se un ricordo è legato a una canzone, quella canzone può diventare una porta. Basta avere il coraggio di varcarla per capire che non saranno i capelli bianchi e l’incomprensione della famiglia a impedirle di riprendere in mano la propria vita.
 

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