Era estate. Eravamo riuscite a dedicarci un fine settimana di scrittura al mare, un lusso inedito fino a quel momento. Stavamo revisionando un vecchio progetto storico. Loredana stava anche scrivendo il suo ricettario narrativo. Insomma, avevamo parecchia carne al fuoco e avremmo potuto utilizzare il tragitto di ritorno a casa, sotto un lungo tramonto di fine giugno e con un traffico stranamente scorrevole, per chiacchierare del più e del meno. Ma le sinapsi erano in modalità brain storming e abbiamo cominciato a plottare un giallo. E dato che siamo bravissime a tirar giù trame e a dimenticarcene il giorno dopo, abbiamo utilizzato lo smartphone per registrare il chi, il come, il quando e il dove.
In quel periodo Loredana era reduce da un binge-watching di Downton Abbey e determinata a creare una storia che consentisse alle protagoniste di sfoggiare la moda dei primi del Novecento. Il quando era deciso. Il problema era che in quell’epoca immaginare una donna detective era una forzatura e noi non volevamo rientrare nel cliché dell’investigatore dal torbido passato e dalla pipa in bocca. Ci serviva una donna che avesse libero accesso ai salotti importanti e la capacità di notare i particolari, di leggere le espressioni, di intuire delle trame. Il lampo di genio giunse inatteso: una medium (o sedicente tale). Avevamo il chi. A questo punto il dove venne di conseguenza. Partendo dalla decisione di rimanere sul suolo nazionale, qual è la città da sempre considerata patria dell’occultismo e del mistero? Torino. E per che altro è nota Torino? Per le automobili. E quando c’è stata la prima Mostra dell’Automobile? Nell’aprile del 1900. La cornice era pronta.
Ovviamente non sveleremo alcunché riguardo all’indagine. Ma la medium, Eufrasia Innocenzi in arte Madame Bastet, aveva bisogno di un cavaliere, di qualcuno che, considerata l’epoca, avvalorasse il suo diritto a investigare. Chi meglio di un criminologo, discepolo delle controverse teorie di Cesare Lombroso? Giacomo Artom si palesò alle nostre menti come belloccio, tracotante e fermamente convinto di incarnare la versione sabauda di Sherlock Holmes.
Restando nel solco della nota serie tv britannica, volevamo che il tutto si svolgesse all’interno di un ricco palazzo su corso Garibaldi. L’occasione per vedere in azione l’inedita coppia investigativa sarebbe stata il compleanno di un industriale automobilistico che avrebbe unito il sessantesimo genetliaco con l’annuncio della prima vettura automobile Pinto-Rowland (il marchio lo abbiamo inventato ispirandoci a quelli storici come l’Orio-Marchand). A funestare i festeggiamenti un bell’omicidio di cui chiunque tra i presenti nel palazzo, invitati, servitù e familiari, poteva essere colpevole.
Mentre il professor Artom analizza gli indizi sulla base delle teorie fisiognomiche lombrosiane, gli occhi verdi carichi di bistro di Madame Bastet vedono oltre incuranti dello scetticismo di Artom e della propensione dell’epoca a sminuire l’intuito femminile.
Il viaggio è durato circa un’ora. Scrivere la storia ha richiesto un anno. Vedercela bocciare da una nota agenzia letteraria, previa lettura e scheda di valutazione regolarmente pagata, ha richiesto tre mesi. Poi, dopo lunghe riflessioni ci siamo liberate della scheda e delle pastoie nelle quali ci aveva gettato e abbiamo deciso che non avremmo cambiato una virgola e che ci sarebbe stata una casa editoriale per la nostra storia. Di solito per una valutazione si devono aspettare quattro mesi. Il nostro manoscritto è stato accettato dopo una sola settimana dall’invio. Esce il 24 maggio nella collana Swing di Golem Edizioni, nata in onore di Gianna Baltaro definita “la signora in giallo sotto la Mole”. Ma sarà già al Salone di Torino, nello stand G66 padiglione 2, in anteprima.
Potremmo dire che la nostra “Vendetta all’ombra della Mole” è servita.