Due premesse, prima di cominciare la recensione vera e propria:
- la signora Falcone è per me una sconosciuta, ma Laura Costantini no. Scambio con lei frequentemente messaggi su facebook in merito soprattutto ad argomenti femminili e femministi e siccome ci troviamo d’accordo in media il 300% delle volte la mia simpatia nei suoi confronti è tanta. Tanta tanta. Come sempre, ho cercato di fare in modo che questo non avesse effetti sull’opinione in merito ai suoi libri…per fortuna non c’è stato bisogno di fare sconti.
- La pubblicazione di questo libro ha avuto una genesi particolare, infatti era stato postato gratuitamente sul sito letterario che allora si chiamava “Starbooks Coffee”. I ragazzi di Las Vegas edizioni, come molti altri lettori, si sono entusiasmati per la storia e ne hanno deciso la pubblicazione cartacea. Decisione quanto mai felice. L’unico errore che a mio parere è stato fatto è stato quello di cambiare a tutti i costi il titolo del racconto originale che era “Sorelle di sangue”. Probabilmente si voleva trasmettere un po’ di più l’idea del genere del libro che è – pensate un po’ – un western, lo stesso però mi pare che si sia andati sul banale. Non importa perché ciò che conta è il contenuto, ma tant’è. Se avessi potuto partecipare al sondaggio realizzato ai tempi della pubblicazione dopo la lettura del testo sarei stata molto più battagliera…
Ma torniamo a bomba.
Le protagoniste di questo romanzo sono due donne il cui destino si intreccia in modo inconsueto. La prima è Kerry Roderyck, una fanciulla dell’alta società che viene spedita dalla famiglia alla frontiera, sposa di un viscido tenente. La sua carovana viene attaccata dagli indiani e, per la sua pelle candida, la ragazza viene risparmiata e portata al villaggio, dal capo Cervo Nero. In passato, infatti, il capo-tribù aveva amato una donna bianca chiamata “Capelli di Sole” e da questa unione è nata Shenandoah, la seconda protagonista, una squaw dalla chioma ramata nella cui vita gli spiriti si fanno sentire in modo potente. Shenandoah, il cui nome Sioux è “Aquila che grida” è in grado di vedere oltre la comune realtà e capisce subito che il suo futuro è legato alla giovane Kerry – Pelle di Luna. Quando il padre cerca di violentare la straniera, Shenandoah la salva, mettendosi contro la tribù e le due ragazze fuggono, dando inizio ad una serie di avvenimenti sapientemente intrecciati tra loro.
Sulle loro tracce, si mette David Cassidy – un uomo che è impegnato da sempre a fare da tramite tra indiani e pionieri e che vuole salvare le ragazze perché sa che i bianchi le userebbero come ostaggi per infliggere una sconfitta ai Sioux. E poi c’è il cacciatore di taglie Occhi d’Inverno, il terrore di tutti, l’uomo più spietato che le leggende conoscano e che viene stipendiato dal proprietario terriero che vuole le tribù fuori da ciò che considera sua proprietà e pensa di poter utilizzare la figlia del capo per trattare.
Posso anticipare che tra questi quattro i rapporti non saranno facili: diffidenza, odio, poi fiducia ed infine amore…se dovessi proprio sforzarmi di trovare un difetto a questo libro è nel personaggio di Occhi di Inverno che è il figo della situazione. Però è un po’ “vecchio stampo”, ovvero a 24 anni è il più tremendo killer che la Frontiera abbia visto, temuto ed odiato da tutti, poi si innamora di Kerry…ed eccolo diventare un cucciolo. E tàc, si scopre che ha avuto un’infanzia infelice. Devo dire che mentre leggevo pensavo “non l’avranno mica picchiato da piccolo eh?”. Ed ebbene sì, l’hanno picchiato da piccolo. Forse in altri frangenti avrei arricciato il naso, ma poi ho cercato di immaginare un personaggio diverso da Occhi d’Inverno e…devo ammettere che sta bene dove sta. Infatti, credo che uno dei punti di forza di questo romanzo sia che ha davvero il sapore dei vecchi western e i personaggi partecipano al gioco ricalcando anche una certa tradizione (per esempio quella del cattivo che diventa buono per amore, forse in altri contesti sa di già visto, invece in questo è…non so come dire …giusto).
Un’altro fattore che mi è piaciuto tanto, insieme alla ricostruzione storica che mi sembra precisa e coinvolgente, è il punto di vista corale (i quattro protagonisti si alternano) e, all’interno di esso, l’attenzione rivolta a quello femminile. Innanzi tutto perché non è quasi mai preso in considerazione, specie in un genere “macho” come il western. E poi perché non si tratta di scrittura “in rosa”. Qui il focus si concentra sulle paure delle protagoniste, sui loro sentimenti, ma senza mai eccedere.
C’è anche una denuncia d’insieme su ciò che una donna doveva affrontare in termini di ingiustizie e barbarie, per esempio, lo spauracchio dello stupro è sempre dietro l’angolo. Ci ho riflettuto: Kerry rischia più spesso di essere stuprata, che di essere uccisa. Perché lo stupro viene usato come arma, contro le donne. E nel libro questo è presente. Non in maniera fastidiosa ed insistente (ci sono testi che vi indugiano sopra fin quasi ad essere noiosi), ma come denuncia silenziosa, sul fatto che la violenza è stata usata spesso per mettere a tacere il femminile.
Con Shenandoah e Kerry, per fortuna, questo non avviene. Circostanze fortuite, atti eroici e una buona dose di coraggio servono a queste due ragazze ad evitare sempre il peggio e a crescere come persone nel loro essere spiriti affini, seppure separati dalla rispettive culture e tradizioni.
I personaggi maschili sono a tutto tondo: non sono eroi senza macchia e senza paura, tanto che David Cassidy, per esempio, è quello che mostra il suo limite e che ci delude tutti…ma non vi svelo perché.
Insomma, vi consiglio questo libro per più di un motivo: è piacevole da leggere, perché pieno di avventure ben congegnate, tra le righe ci sono un sacco di messaggi pronti da essere colti, come i segnali di fumo delle tribù apache ed infine è un genere che non si trova spesso e che può appassionare. Io, che non ho mai visto un film con John Wayne, l’ho trovato più che mai nelle mie corde.
Una nota di plauso va anche allo stile: scorrevole, pulito, mai banale.